A cura di:
Dott. Filippo Iorillo
La malattia di Parkinson (MP) è un disturbo cronico e progressivo a carico del Sistema Nervoso Centrale dovuto alla degenerazione di alcune cellule nervose situate in una zona profonda del cervello denominata sostanza nera.
Queste cellule producono una sostanza chimica, la dopamina, in grado di attivare circuiti che controllano il movimento, la sua coordinazione, la sua fluidità; è proprio la riduzione dei neuroni che producono dopamina ad essere la causa dei segni e dei sintomi che caratterizzano la malattia.
Autore
Dott. Filippo Iorillo
Medicina Fisica e Riabilitazione
N. Iscrizione AV 3822
Libero professionista
Il numero dei pazienti aumenta con l’età e nei paesi industrializzati è pari allo 0,3% circa della popolazione totale. Il numero di nuovi casi è di circa 8-18 nuovi pazienti per 100.000 abitanti l’anno. L’età media di insorgenza è di circa 60 anni, ma sono descritte forme ad esordio precoce (prima dei 50) e perfino giovanile (parkinsonismi genetici). Colpisce entrambi i sessi, ma tende a prevalere negli uomini.
Cause
Le cause di questa malattia non sono ancora note, ma sembra che diversi elementi concorrano alla sua comparsa. Innanzitutto fattori genetici: le mutazioni di alcuni geni sono associate al Parkinson e, circa il 20% dei pazienti presenta una storia familiare positiva per la malattia. Appare rilevante anche l’esposizione a sostanze tossiche come pesticidi, idrocarburi-solventi e metalli pesanti (ferro, zinco, rame).
Sintomi
Il quadro clinico è caratterizzato da sintomi motori e non motori che possono comparire a qualsiasi età (anche se un esordio prima dei 40 anni é insolito e prima dei 20 é estremamente raro) ed interessare entrambi i sessi.
Fra i primi vi sono il tremore a riposo, la rigidità muscolare, la “bradicinesia” (cioè il rallentamento nell’esecuzione dei movimenti volontari), e l’instabilità posturale con un atteggiamento curvo della schiena, con ginocchia e braccia leggermente flesse che prende il nome di “camptocormia”
Accanto a questi sintomi cardinali, si osservano perdita dei movimenti spontanei, riduzione dell’ammiccamento, marcata riduzione della mimica facciale, difficoltà nella deglutizione, abbassamento del tono della voce, variazione della scrittura che tende a rimpicciolire (micrografia), abolizione di alcuni movimenti automatici come l’oscillazione delle braccia durante la marcia. I sintomi motori possono essere asimmetrici, cioè colpire un lato del corpo più dell’altro.
Fra i sintomi non motori – che possono anticipare anche di molti anni quelli motori – si annoverano i disturbi urinari (aumento della frequenza e urgenza menzionale), i disordini gastrointestinali (digestione lenta, meteorismo, stipsi), ipotensione (nel passaggio dalla postura sdraiata a quella eretta), depressione, ansia, apatia, disturbi dell’attenzione e della memoria, i disturbi del sonno (sogni vividi ed agitati, insonnia), e i disturbi del sensorio (riduzione o perdita dell’olfatto e del gusto, dolori diffusi).
Cure
Non esiste una cura specifica per la causa che provoca malattia di Parkinson, ma il trattamento farmacologico e la gestione multidisciplinare sono in grado di fornire notevole sollievo ai sintomi. I farmaci principalmente utilizzati per il trattamento della patologia sono la levodopa (di solito in combinazione con un inibitore degli enzimi che ne impedirebbero il corretto assorbimento, cioè la dopa-decarbossilasi e un inibitore delle catecol-o-metiltransferasi–COMT), gli agonisti della dopamina e gli inibitori MAO-B (Inibitore della monoamino ossidasi). A distanza di alcuni anni di trattamento (quindi con l’avanzare della malattia) circa la metà dei pazienti sviluppa complicanze relative all’azione farmacologica della levodopa. Si tratta delle cosiddette fluttuazioni motorie e dei movimenti involontari noti come “discinesie”, entrambi difficili da gestire con la terapia tradizionale, e che col tempo risultano disabilitanti. Per tale ragione, nelle fasi avanzate della malattia, si considerano, ove possibile, terapie farmacologiche più invasive come l’infusione di apomorfina per via sottocutanea, quella di levodopa per via intraduodenale, oppure di tipo chirurgico come la stimolazione cerebrale profonda mediante infissione di elettrodi stimolanti in specifici nuclei sottocorticali del cervello.
Riabilitazione
La presa in carico riabilitativa ha un ruolo importante nel trattamento della malattia di Parkinson. Lo scopo è quello di massimizzare le funzioni residue, migliorare la qualità della vita e minimizzare le complicanze secondarie, attraverso un approccio globale, interdisciplinare e multidimensionale. La base anatomo-funzionale della riabilitazione motoria è la neuroplasticità indotta dall’esercizio fisico, ovvero la capacità dei neuroni di modificare la loro struttura e funzione in risposta ad una serie di stimoli esterni.
La riabilitazione si pone come principali obiettivi il miglioramento delle funzioni muscolo-scheletriche (articolarità, forza, resistenza, coordinazione), delle prestazioni motorie globali (passaggi posturali, cammino, attività della vita quotidiana), oltre che la riduzione del rischio di cadute.
Gli approcci terapeutici si basano su:
- Esercizi di stretching
- Esercizi posturali propriocettivi
- Esercizi di respirazione
- Rieducazione ai passaggi posturali
- Rieducazione dell’instabilità posturale
- Rieducazione della funzione cammino
- Addestramento a strategie cognitive
Nuovi approcci riabilitativi si basano sulla compensazione dei meccanismi fisiopatologici deficitari. Un esempio è l’utilizzo dei “cues” (stimoli che il paziente utilizza in modo cosciente e consapevole: il comando che gli viene impartito è quello di mantenere alta l’attenzione) che facilitano sia l’inizio che il mantenimento di un movimento.
I cues possono essere di 4 tipi:
- uditivi (metronomo, voce umana, ritmo della musica),
- visivi (strisce colorate poste sul pavimento perpendicolarmente alla direzione di marcia, luce di una penna laser, asticella ribaltabile del bastone…),
- propriocettivi (dondolarsi per superare il freezing o fare un passo indietro prima di iniziare il cammino),
- cognitivi (memorizzare mentalmente ripetendola una sequenza del movimento; concentrarsi sul luogo dove si vuole andare e non sulla porta da oltrepassare).
Nell’approccio globale, non meno importante è la rieducazione di abilità specifiche quali la mimica, la scrittura, la destrezza manuale, il linguaggio e la deglutizione, cosi come la valutazione ed il trattamento della depressione che inficia in modo negativo la qualità di vita del paziente.
Poiché la MP è una patologia cronico-progressiva, l’intervento riabilitativo deve adattarsi all’evolutività del processo patologico, ai cambiamenti ai quali va incontro il paziente, alle necessità che derivano da tali cambiamenti. Nelle fasi iniziali della malattia il trattamento dovrebbe essere quindi orientato a far apprendere al paziente strategie di movimento atte a superare i deficit motori; nelle fasi tardive della malattia a strategie atte a fronteggiare l’emergenza di ulteriori menomazioni quali disfagia, declino cognitivo, psicosi, disturbi del sonno, dolore, fatica e disturbi disautonomici.
Il trattamento riabilitativo va iniziato quanto più precocemente possibile con l’obiettivo di ritardare l’aggravamento della patologia, migliorare la qualità della vita, allungare la prospettiva di vita.
Uno stile di vita attivo è particolarmente importante per contrastare l’apatia legata alla malattia e prevenire il decondizionamento che amplifica il rallentamento psico-motorio. A tale scopo, varie prove sperimentali cliniche dimostrano che l’esercizio fisico finalizzato ad una attività risulta un efficace strumento.
Per questo le seguenti attività sportive, condotte con sufficiente regolarità, possono essere particolarmente utili anche per l’interazione sociale:
- Nuoto
- Pilates
- Tai‐Chi
- Yoga
- Nordic walking,
- Passeggiate
- Treadmill (tapis roulant)
- Danza.
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