Epilessia
A cura di:
Dott.ssa Giulia Mazzon
22/04/2020
Che cos’è l’epilessia?
L’epilessia è una malattia neurologica caratterizzata dalla predisposizione ad avere crisi epilettiche. Una crisi epilettica è un disturbo improvviso e transitorio (generalmente della durata di alcuni minuti), che si può manifestare con diversi sintomi ed è l’espressione di un’alterata funzionalità di un gruppo di neuroni cerebrali.
I neuroni, infatti, normalmente comunicano tra loro attraverso impulsi elettrici e diversi meccanismi possono alterare questa delicata trasmissione d’informazioni, rendendo i neuroni iperattivi (ipereccitabili) al punto da generare una scarica elettrica anomala che si manifesta appunto con una “crisi”.
Una singola crisi epilettica può avvenire in presenza di diverse condizioni scatenanti e non ripetersi mai più; per porre una diagnosi di epilessia è necessario che il paziente abbia presentato almeno due crisi spontanee.
L’epilessia è una delle malattie neurologiche più diffuse, presente in circa una persona su 100 e riguarda tutte le fasce di età, dai bambini agli anziani; può presentarsi in varie forme ed essere dovuta a molteplici cause.
La maggior parte delle forme, se in adeguato controllo terapeutico, è compatibile con una vita normale.
Le cause
Le principali cause dell’epilessia, quindi responsabili della suscettibilità di un soggetto ad avere crisi epilettiche, sono le seguenti:
- genetiche: mutazioni di specifici geni, ereditarie o sporadiche (insorte casualmente nell’individuo, non presenti nei genitori);
- strutturali: congenite o perinatali (malformazioni cerebrali per errore di sviluppo, danno cerebrale per esempio da scarsa ossigenazione durante lo sviluppo o per un parto difficoltoso); acquisite (ictus, trauma cranico, esiti di interventi neurochirurgici);
- metaboliche: da un disturbo del metabolismo noto (es. porfiria, amminoacidopatie);
- autoimmuni: presenza di anticorpi diretti erroneamente contro componenti del proprio organismo (encefaliti autoimmuni);
- infettive: infezioni del sistema nervoso centrale (HIV, tubercolosi, malaria);
- sconosciute: tutte le condizioni in cui non è stata documentata una causa nota.
Fattori scatenanti
Indipendentemente dalle cause dell’epilessia ci sono una serie di fattori che, nei soggetti predisposti, facilitano l’insorgenza delle crisi:
- febbre;
- stati infiammatori;
- alterazioni del ciclo sonno-veglia (sonno scarso o di scarsa qualità, veglie prolungate, turni lavorativi, cambio del fuso orario);
- eccessiva assunzione di alcool o un’improvvisa cessazione in soggetto con abuso alcolico cronico;
- assunzione di droghe;
- luci intermittenti (neon, schermi televisivi, videogiochi, ma anche intensi riflessi del sole o passaggi lungo un viale alberato);
- alterazione di alcuni valori del sangue, ad esempio di sodio, potassio, glicemia.
I sintomi dell’epilessia
Le crisi si suddividono principalmente in “focali” e “generalizzate”, nel primo caso esordiscono in una zona circoscritta di un emisfero del cervello (e da qui possono propagarsi oppure no), nel secondo interessano da subito entrambi gli emisferi cerebrali. Le crisi generalizzate sono sempre caratterizzate dalla perdita della coscienza, quelle focali non necessariamente, possono avvenire anche a coscienza integra. In entrambi i casi le manifestazioni possono essere di tipo motorio o non motorio.
Le crisi maggiormente conosciute sono quelle generalizzate convulsive (dette anche di Grande Male), in cui il paziente perde improvvisamente coscienza cadendo a terra e manifesta dapprima irrigidimento diffuso e poi movimenti a tipo scosse a tutto il corpo (clonie), può morsicarsi la lingua e/o perdere urine e feci. Nella maggior parte dei casi la crisi si risolve spontaneamente dopo pochi minuti ed è seguita da uno stato cosiddetto “post-critico” di durata variabile, in cui il paziente riprende lentamente e progressivamente coscienza e la motilità degli arti che inizialmente possono rimanere transitoriamente paralizzati. Il paziente non ricorderà l’accaduto.
Un’altra tipologia comune di crisi epilettica generalizzata, in particolare nei bambini, è quella a tipo “assenza” (detta anche di Piccolo Male), in cui vi è una breve perdita di coscienza senza manifestazioni motorie o cadute, per cui il soggetto presenta un breve arresto del comportamento e in quel momento non è responsivo o contattabile.
Le crisi focali possono manifestarsi con sintomi molto diversi tra loro, che rispecchiano selettivamente la funzione dei neuroni coinvolti:
- sintomi motori: scosse (clonie), paresi, irrigidimento (generalmente di un arto o di un lato del corpo);
- sintomi sensitivi: formicolio (parestesie), intorpidimento (ipoestesia) (generalmente di un arto o di un lato del corpo); sintomi visivi, uditivi, gustativi;
- automatismi: gesti ripetitivi, movimenti di pedalamento o pelvici, cenni di assenso del capo, sbattere le palpebre, parole o vocalizzi ripetuti;
- sintomi cognitivi: difficoltà di espressione verbale/comprensione (afasia), di calcolo, di attenzione, di memoria, allucinazioni, sensazioni di déjà vu;
- sintomi del sistema nervoso vegetativo: palpitazioni, alterazioni del ritmo cardiaco o respiratorio, disturbi gastrointestinali, nausea/vomito, pallore o arrossamento, erezione.
Come detto, durante una crisi focale, la coscienza può essere compromessa o meno, nel caso rimanga integra il paziente si rende conto dei sintomi che avverte, spesso li ricorda ed è in grado di riferirli.
Qual è la diagnosi dell’epilessia?
Per porre diagnosi di epilessia è fondamentale un’accurata raccolta delle notizie cliniche (anamnesi), dal paziente e in particolare di chi ha assistito alle crisi. Infatti, una dettagliata descrizione degli eventi, della frequenza, del contesto, degli eventuali fattori scatenanti, permette al medico innanzitutto di stabilire per ciascun caso se si è trattato di una vera e propria crisi epilettica e in secondo luogo di orientarsi sulla tipologia della crisi e sulla possibile causa sottostante.
Dal punto di vista strumentale l’esame principe che consente di supportare il sospetto di epilessia è sicuramente l’Elettroencefalogramma (EEG), un esame non invasivo, che tramite l’utilizzo di elettrodi posti sulla testa del paziente consente di registrare l’attività elettrica cerebrale e quindi anche eventuali scariche anomale, mostrando dove sono localizzate. L’EEG mostra sicuramente un’attività elettrica cerebrale anomala in corso di crisi epilettica, ma spesso anche nei momenti di benessere è in grado di evidenziare degli elementi indicativi di maggior eccitabilità dei neuroni.
Alcune metodiche derivate permettono di aumentarne la sensibilità: EEG in deprivazione di sonno, EEG holter (registrazione in continuo durante le attività della vita quotidiana e durante il sonno), EEG con concomitante registrazione video per documentare le eventuali manifestazioni cliniche motorie.
La Risonanza Magnetica dell’encefalo permette invece di evidenziare eventuali anomalie cerebrali congenite o lesioni acquisite, possibili cause dell’attività elettrica anomala.
Come si cura
1) Terapia medica
La terapia è in prima battuta di tipo farmacologico, utilizzando specifici farmaci che sono in grado di ridurre l’ipereccitabilità dei neuroni e quindi riducono la suscettibilità all’innesco delle crisi epilettiche. A tutt’oggi ne esistono di diversi tipi, che mirano a ottenere questo risultato con diversi meccanismi di azione, e la cui scelta dev’essere fatta dallo specialista in base al paziente (età, eventuali patologie concomitanti, eventuale desiderio di intraprendere una gravidanza), al tipo delle crisi, agli affetti collaterali e alle interazioni con eventuali altri farmaci assunti dal paziente. In alcuni casi è necessario combinare 2 o 3 farmaci con diversi meccanismi d’azione per ottenere un risultato soddisfacente (ossia una significativa riduzione della frequenza delle crisi, non necessariamente un completo azzeramento delle stesse).
Fondamentale per un buon risultato dalla terapia farmacologica è in primis un’assunzione scrupolosa e regolare dei farmaci, cui deve associarsi una condotta di vita che mira a limitare il più possibile i fattori favorenti (regolare ciclo sonno-veglia, astensione dalle bevande alcoliche e dall’uso di droghe, adeguato controllo della glicemia nei pazienti diabetici ecc.) e controlli regolari dallo specialista.
La terapia farmacologica dell’epilessia è in genere una terapia a lungo termine; in alcuni casi in assenza di crisi da molti anni è possibile valutare in accordo con lo specialista un’eventuale sospensione.
In circa il 15-20% dei pazienti con epilessia non si riesce ad ottenere un soddisfacente controllo delle crisi nemmeno combinando 2 o 3 farmaci a dosaggi adeguati, in questi casi si parla di “epilessia farmaco-resistente”.
2) Terapia chirurgica
Nei casi di epilessia focale farmaco-resistente con elevata frequenza delle crisi e in cui è stato possibile individuare una circoscritta area cerebrale generatrice delle crisi (epilettogena), si può valutare l’approccio chirurgico mirato a rimuovere la specifica area in causa. Tale approccio è rivolto a casi molto selezionati e la fattibilità è secondaria anche a un’adeguata valutazione dei rischi dell’intervento (es. se l’area coinvolta, in base alla sua posizione, può essere rimossa in sicurezza senza creare dei deficit neurologici). Nei casi così selezionati la terapia chirurgica è efficace nel 60-70% dei casi.
3) Stimolazione Vagale
In alcuni casi di epilessia farmaco-resistente un’alternativa terapeutica è la Stimolazione Vagale, che consiste nell’impianto di un generatore d’impulsi (pace-maker) sottocutaneo, posizionato nella parte sinistra dell’alto torace, che attraverso il nervo vago, invia stimoli elettrici a diverse strutture cerebrali, modulandone l’attività e riducendo quindi le scariche elettriche anomale prodotte nel cervello.
*Idoneità alla guida
È intuitivo riconoscere che l’eventuale presentazione di una crisi epilettica alla guida, (anche se con manifestazioni minori, ma che comportino anche una parziale alterazione della coscienza), costituisce un serio pericolo per la persona stessa e per gli altri.
Secondo la normativa vigente italiana l’idoneità alla guida è concessa dopo almeno 12 mesi di assenza di crisi (indipendentemente dal fatto che il paziente continui ad assumere la terapia antiepilettica continuativa), previo certificato rilasciato dallo specialista neurologo.